Perché amo Yumeiho 2 (Confessioni disordinate di un praticante filosofo)
Ascoltare, imparare, esercitare, aiutare: verbi che definiscono altrettante manifestazioni delle nostre mani, piedi e fronti, tutte spesso sudate, tutte in fatti quotidiani naturali, necessari, nobili, quelli del lavoro. Ci sono momenti, attimi importanti nella vita di ciascuno di noi, in cui ci innamoriamo: di una nuvola o di una stella, di un fiore ma anche di una farfalla, di un gatto ma anche di un passero appollaiato sulla cima di un ciliegio, di un paesaggio montano indescrivibile o di un’onda di un oceano anonimo che grida nel cuore della notte da qualche parte nel Pacifico, di un’azione o perlomeno di una persona e, perché no, di ciò che ci è destinato a fare, cessando di aggrapparci ai momenti belli della vita e ancorandoci invece al Bello. Quello che facciamo con il grande amore della presenza, l’atto di innamorarsi, è uno dei pochi atti “non lavorativi” delle nostre vite. È come se stabilissimo che il tempo non esistesse più in tre manifestazioni: passato, passaggio e/o futuro, ma solo nel semplice, anonimo e inaudito, non ascoltato fluire: il Presente. Non quello che catturiamo, ma quello con cui ci familiarizziamo. Io non ho lavorato per scoprire Yumeiho, Yumeiho mi ha chiamato e mi ha assicurato anche il trasporto. E dopo averlo scoperto, cinque anni fa, si possono trarre conclusioni temporanee. Eccole: Esiste un gancio a forma di ancora che può definire la libertà di un uomo. Si stabilisce dove sembra che abbia trovato sia il suo posto sia la sua missione. Poi si scopre che questi due punti di riferimento della sua vita si fondono nella missione, un esercizio che non determina la libertà ma, piuttosto, il travaglio della comprensione, il portare nel Sé incarnato la Consapevolezza della Libertà. Nell’atto, indeterminato nel tempo, dell’apprendimento della terapia Yumeiho, la lucidità si confronta, in modo parossistico e, in certe circostanze, paradossale, con l’onnipresenza. Non quella onnipresenza Divina, ma piuttosto un’altra spirituale, una comprensione umile della vita di un uomo che dialoga onestamente con Dio, con i suoi simili (l’uomo include anche la donna nonostante il genere maschile del termine in romeno), con il Sé stesso. La più privilegiata missione donata dal Creatore all’uomo è quella di aiutare, il che può essere “tradotto” ontologicamente come “vivere la vita con te/attraverso/per i simili, persone che possono rappresentare, attraverso un miracoloso esercizio di sincronicità, manifestazioni impreviste di attimi inaspettati della vita: sorelle, fratelli, amici, conoscenti, amiche, amici, la signora che spazza e lava le scale davanti al palazzo, il professore di epistemologia o la professoressa di fisica del dodicesimo anno che ci ha insegnato cosa sono i numeri quantici, una zia malata di diabete, un amico tornato dalla Norvegia dopo aver lavorato per 3 anni senza interruzione in un cantiere navale a temperature difficili da sopportare, una vecchietta che guarda con ansia il passaggio pedonale in cerca di una mano che le doni un po’ di tranquillità per quei pochi metri, un vicino che viene ad aiutarti a montare le piastrelle in bagno solo perché lo hai gentilmente chiesto.
Perché amo Yumeiho? Perché, nella non virtù dell’alternativa di distruggere con presunzione, costruisce con umiltà. Perché, nello spazio dove può sorgere il dubbio, Yumeiho pone l’amore innestato sull’aiuto responsabile e tempestivo. Perché è rigoroso e pieno di spirito, quella luce dello spirito che brilla libera, con lo sguardo da nessuna parte e il centro ovunque e disflora gli angoli polverosi delle menti non preparate ma connesse (consapevoli o meno) alla Sorgente della Luce. Perché il Centro di Gravità è Centro di Salute. Perché alcuni di noi hanno imparato ad amare (nel senso più integrale del termine) nelle centinaia (per alcuni, migliaia) di ore che hanno dedicato all’apprendimento della terapia Yumeiho e, implicitamente, all’aiuto dei nostri cari. Perché sono sbocciate, nel dolce modo umano, amicizie che dureranno almeno una vita, tra terapeuti e pazienti, tra terapeuti e terapeuti, tra insegnanti e studenti. Tutti siamo amici o costruiamo amicizie.
Perché amo ancora Yumeiho? Perché ho scoperto che puoi superare i tuoi limiti e puoi aiutare chi ti sta intorno a superarli. Perché dopo quasi tre anni di pratica più due anni di lotta, sono tornato a Yumeiho con una gioia che mi è impossibile esprimere a parole. Perché l’uomo aiuta, Dio guarisce. Perché ogni fronte piegata sinceramente nella polvere rappresenta un cielo simile che preme sull’osso occipitale. Ma soprattutto, perché abbiamo la libertà di amare le persone, ogni persona, come noi stessi, come te, me… noi stessi. E questa stagione indeterminata nel tempo è la tipologia “cronologica” in cui vivono, sentono, bevono acqua e mangiano coloro che praticano, in modo autentico, la terapia Yumeiho. E così via… Un lontano che si costruirà sul ponte della solidarietà, del sorriso, della perseveranza, del cuore identificato con la componente più palpabile della nostra esistenza: l’Anima.
Lucian